Photo Credit: Sebatiao Salgado
Per la prima volta da quando è in corso quest’emergenza, dopo 21 giorni esatti, sono uscita da casa: mascherina sulla faccia e Amuchina gel in tasca.
Mia madre mi aveva ammonito: “Il mondo là fuori ti apparirà diverso”.
L’impressione è stata quella di una scena da day after: saracinesche dei negozi abbassati, strade sgombre. Il silenzio assordante dei dipinti di De Chirico irrompeva nel reale. Mi venne in mente una frase detta da un amico, qualche tempo fa: “Quando scatto una foto ad un paesaggio, cerco di catturare il transito di una persona: sono le persone a colorare il mondo”.
Ho vissuto il ritorno a casa in una sensazione di irrealtà e smarrimento, per poi aprire Whatsapp e trovare un messaggio di una mia paziente che diceva: “Sa dottoressa, la mindfulness mi sta permettendo di vivere tutto questo in un modo che mai avrei creduto possibile. Tutto è impermanente! La mia ansia è impermanente, questa situazione è impermanente. E quindi, prima o poi, ne usciremo!”. L’impermanenza! Una delle intuizioni più importanti della mindfulness: tutto cambia.
Quello che accade è che l’essere umano soffre perché crede che le cose siano durevoli, alimentando meccanismi di attaccamento e pensieri catastrofici. E sono i pensieri predittivi catastrofici che ora non ci aiutano: “E se venissi contagiato?”, “E se dovesse morire un mio caro?”, “E se a causa di questo, dovessi perdere il lavoro?”. Ed è esattamente quel “E se” che alimenta ansia e vissuti di intollerabilità all’incertezza. L’infelicità umana è causata proprio da questa modalità di pensiero di default che non sta nel momento presente: alienati tra passato e futuro, come se la mente e il corpo fossero in due posti separati. La mindfulness consente di riconnettersi al qui e ora, spezzando il processo automatico del farsi risucchiare dal flusso di pensieri, che per definizione non sono la realtà, e che può generare emozioni negative.
E quindi ecco che anche questa epoché fenomenologica, questa messa in parentesi delle nostre abitudini è impermanente: i paesaggi del mondo immortalati nelle nostre foto torneranno a ripopolarsi di persone. Dopotutto, come dice uno dei miei fotografi preferiti, “Gli esseri umani sono il sale della terra”.