Gli orologi sono l’emblema del “fare”.
Il ticchettio incessante scandisce che “è tardi, è tardi, non c’è più tempo, è tardi” per dirla come il Bianconiglio e che bisogna fare, fare, fare come se il nostro valore fosse commisurato a quello che facciamo.
Praticamente, una cospirazione che investe l’uomo occidentale e che gli attanaglia la schiena.
La mindfulness, questa forma di meditazione di cui si sente tanto parlare oggi, incentiva a coltivare la modalità dell'”essere” anziché quella del “fare”.
Questa prospettiva così diversa rispetto alle modalità a cui siamo abituati, spesso lascia disorientati i partecipanti ai miei gruppi di Mindfulness.
Come sarebbe a dire “modalità del fare”?
La mente è costantemente attivata per monitorare eventuali discrepanze tra le cose come sono e le cose come dovrebbero essere. Le discrepanze percepite innescano pensieri ed emozioni spiacevoli che attivano gli abituali schemi cognitivi e comportamentali utilizzati per ridurre i gap.
Cosa succede però se le cose che non ci piacciono non possono essere cambiate?
E qui entra in gioco la modalità dell'”essere”. Cioè il rimanere semplicemente presenti a ciò che c’è così come è, senza reagire, senza la pressione a cambiare.
Questa modalità determina il graduale placarsi della mente.
E quando la mente è calma, si dà valore al tempo e se ne diventa padroni.
Diventare padroni del proprio tempo, significa diventare padroni della propria vita.
Che tu viva a Tarifa o a Canicattì, hai sempre a disposizione ventiquattro ore al giorno. La differenza tra una persona soddisfatta della propria vita e una che si lascia vivere, è l’uso diverso che fanno di quelle ventiquattro ore.
Perciò l’augurio è di diventare padrone del tuo tempo, perché il tempo che è andato non tornerà mai più.